A ben pensarci, non ci sarebbe posto più giusto. Le opere d’arte dovrebbero stare nelle cliniche estetiche, perché che cosa è l’arte se non una incessante ricerca intorno alla bellezza? Un tema che si ponevano gli autori dei ritratti del Fayyum, primissime espressioni del realismo in pittura, in epoca ellenistica. Se lo ponevano naturalmente gli artisti rinascimentali e la rivoluzione di Picasso è stata (anche) un ribaltamento del concetto di bello. Più vicine a noi, artiste come Orlan o Marina Abramovic hanno incentrato il loro percorso sull’esplorazione dei confini del corpo.
E così, a Milano, la clinica Sotherga ha scelto come sottotitolo «L’arte della bellezza» perché, entrando, è difficile comprendere dove finisca l’istituto di medicina estetica e dove cominci la galleria d’arte. Un progetto voluto dal fondatore Marco Bartolucci e curato da Angelo Castello. E possiamo dire che l’intuito dei collezionisti, in loro, si è affinato parallelamente alla crescita della clinica. «Scegliere un’opera d’arte da esporre qui e intervenire per migliorare l’aspetto o il benessere psichico di una persona, per noi sono due parti dello stesso percorso — dice Bartolucci — perché chi fa il mio lavoro non può smettere di interrogarsi sul significato della bellezza».
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